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2003 Piazza del Campidoglio, Roma

Materiali: tessuti di cotone m. 3.500 x 1,5; sabbia: m. cubi 6, orchidee
Suono: CD-ROM con registrazione ideata per l’evento

Dimensioni:
Ovale di Michelangelo, m. 60 x 45

Il 7 Marzo 2003 Maria Dompè è invitata dagli Assessorati per le Politiche Culturali e le Pari Opportunità del Comune di Roma a realizzare un’opera site-specific in Piazza del Campidoglio. L’installazione coinvolge l’intero contesto, ad iniziare dalla gradinata che si attaglia al profilo scosceso del colle. Il percorso ascensionale favorisce, infatti, un’esperienza catartica, di autentica riconciliazione con se stessi.
Nel fulcro della vita civile, Maria Dompè allestisce un intervento di straordinario impatto sensoriale, che catapulta il fruitore in una dimensione lucidamente onirica e pregna di significato: “…Fragranze, colori, profumi, suoni che richiamano la terra di Amina in un grande mandala della pace”. Migliaia di orchidee, deposte sulla sabbia come un’offerta votiva, scandiscono il perimetro ovale della piazza. La loro morfologia è simbolo di femminilità, valore che si è invitati a celebrare in occasione della Festa della Donna. Tuttavia, l’evento non si tinge dei toni mondani dell’happening, fenomeno commerciale e mediatico. Al contrario, la cerimonia ispira la sacralità del rito, che richiede una partecipazione composta e dignitosa. L’opera è dedicata ad Amina Lawal, la donna nigeriana ingiustamente condannata alla pena capitale per lapidazione dal tribunale del suo Paese. Capo d’accusa: l’adulterio, invocato come giustificazione plausibile e materializzato nella prova in carne ed ossa di Wasila, la bimba frutto del peccato; un terribile memento mori che grava sul capo della condannata, in attesa dell’esecuzione rinviata al gennaio 2004, quando la piccola non avrà più bisogno del latte materno.
Con la sua inconfondibile delicatezza, Maria Dompè cosparge la terra di fiori, antidoto alle pietre usate per la sharia. I profumi sparsi nell’aria sono uno stimolo alla memoria olfattiva, a non narcotizzarla con la chimica di odori artificiali. Il suono si diffonde nello spazio, stimolando l’intensa partecipazione emotiva del pubblico. I tessuti di cotone disegnano una tarsia policroma nel sagrato michelangiolesco, suggerendo l’idea dell’intreccio, della confluenza nella piazza, ombelico del mondo e teatro delle diversità.
L’appello lanciato dal cuore della città eterna, crocevia di culture e culla del diritto, risuona nella coscienza collettiva come un messaggio di pace e tolleranza. La donna nigeriana è, inoltre, testimonial d’eccezione in un momento critico della storia internazionale, accecata dalla follia della guerra. Il suo destino personale si raccorda con quello dell’umanità, stimolando una straordinaria gara di solidarietà, premiata dalla liberazione di Amina il 26 settembre 2003.
Maria Egizia Fiaschetti

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