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2019 SCALA SANTA, Roma

Materiali: tessuto di lino, fiori (Rosa – Dianthus – Hidrangea – Agapanthus – Cymbidium – Dendrathema)

Dimensioni: m. 15 x 2,25
(n°28 gradini di pietra marmorea)

Evento realizzato con la preziosa collaborazione dell’Associazione
Culturale romana TRAleVOLTE

Un’occorrenza intima di esprimere e rappresentare la voce recondita dell’anima. Un luogo colmo di una incredibile energia mistica come la Scala Santa ha coinvolto Maria Dompè che per la seconda volta (la prima nel 2006 con un’offerta ai Monaci birmani) interviene con rispettosa levità, cogliendo un’occasione unica, irripetibile. La visione reale, senza filtri, dell’antica materia marmorea della Scala Santa (la scala di Gerusalemme che portava al palazzo pretorio di Ponzio Pilato, smontata e trasportata a Roma, per volontà di Sant’Elena madre dell’imperatore Costantino) salita da Gesù Cristo per il processo del Venerdì Santo, in grado di emanare un enorme potenziale di forza trascendentale. Sedimentando nei secoli un potente legame tra causa ed effetto: la tragicità di un evento religioso e le antiche tradizioni di un incessante culto devozionale. Un’immagine eterea dell’impeto della fede: in grado di scavare solchi nella pietra marmorea, creando impronte vivide, cariche di drammaticità. Proprio a causa del flusso enorme di devoti, nel 1753 fu deciso di salvaguardare il monumento sacro con una protezione lignea che in questi mesi è stata rimossa per un necessario restauro, scoprendo una realtà inaspettata.
Permettendo così un’emozionante esperienza visiva di particolare fascino che a breve sarà impossibile replicare, in quanto verrà ripristinata l’adeguata copertura in legno. Per questa rara opportunità Maria Dompè ha allestito una vera cerimonia, con un’offerta alla valenza spirituale del sito.
Una mirata miscellanea di fiori bianchi, teli di lino di antica suggestione, un ricercato studio cromatico complessivo, perfettamente integrato nella cromia generale e nella sacralità del contesto. Una funzionale essenzialità, espressa con materiali dall’impatto evanescente, adagiati con lievità, per un evidente, tangibile, rispetto del luogo. La religione che sublima l’arte e viceversa, in un fertile scambio di componenti sostanziali dell’anima. Una feconda reciprocità di nutrimento per l’anima stessa. La Dompè dimostra una sensibilità religiosa spontanea, libera da convenzioni. Rincorre l’essenza della spiritualità in ogni credo religioso, con naturale e incondizionato rispetto di ogni cultura. È intensamente credente e, in senso lato, insegue la matrice divina di ogni religione, senza vincoli e limitazioni. Il suo approccio è sincero, come sincera è l’innata esigenza di spiritualità che riverbera in ogni suo lavoro artistico. Da consolidata esploratrice della coscienza, Maria Dompè esprime un’enorme energia espressiva ma tenue, delicata, (così come leggera e soave deve essere sempre l’esplorazione dei propri sentimenti) in apparente contrasto tra la potenza del messaggio (spesso di forte impatto sociale) e la rappresentazione artistica stessa. L’ispirazione più profonda Maria la trae dal lato emotivo, quello celato, come molti prima di lei, ma quando riesci a creare un collegamento diretto con il cuore: l’arte diviene poesia dell’anima.
Pierre

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