2007 Scala Santa, Roma
Materiali: tessuto, rose, incenso e mirra
Dimensioni: m 31 x 0,6
Solidarietà per la “rivoluzione porpora” dei monaci birmani: un appello a sostenere la loro protesta nonviolenta, in difesa della libertà.
Esempio di pace, celebrato da Maria Dompè in uno dei “tempi” della religione cristiana. Con il sostegno dei Padri Passionisti della Scala Santa e l’associazione “TRAleVOLTE”, l’artista depone la sua offerta sui gradini della Sacra Scalinata: rose, tessuti, essenze profumate. A rafforzare il messaggio, la profonda spiritualità del luogo.
La Scala, traslata da Gerusalemme per volere di Elena (madre di Costantino) e posta nel Palazzo del Laterano dal 326 d.C., è l’emblema della passione. Il venerdì santo, Cristo l’avrebbe bagnata con il suo sangue, di cui le tracce sarebbero ancora visibili. A distanza di secoli, la cerimonia si ripete. Come atto di devozione, i fedeli salgono in ginocchio i 28 gradini, per raggiungere il Sancta Sanctorum.
Oltre gli steccati confessionali, Maria Dompè sottolinea il significato universale del sacrificio, come gesto di salvezza. I monaci diventano, così, novelli redentori per il bene dell’umanità, schiacciata dalla dittatura: non solo quella militare che tiene in ostaggio la Birmania, ma tutte le manifestazioni di violenza, pubblica o privata, che insanguinano il mondo. All’immagine schock delle armi puntate contro i dissidenti, Maria Dompè risponde con i fiori: un invito a rinascere nella purezza, rinunciando a ogni forma di ostilità.
L’impatto estetico dell’opera è affidato, come sempre, alla suggestione. Incenso e mirra evocano la scoperta epifanica del percorso da seguire per ritrovare l’armonia: con se stessi e con il mondo. “Come la storia insegna”, ricorda Maria Dompè, “i monaci con la loro forza spirituale, la non violenza e l’amore hanno sempre manifestato per la libertà e la pace universale”.
Maria Egizia Fiaschetti