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2002 Sinagoga, Roma

Materiali: rete di nylon, rose bianche, incenso al sandalo

Dimensioni: m 12 x 15 x h 3,5

A un anno di distanza Maria Dompè rinnova la sua partecipazione alla giornata del 27 Gennaio, anniversario della liberazione di Auschwitz. Questa data è un simbolo per la coscienza civile: ferita aperta e, al tempo stesso, spiraglio di luce. Il 27 Gennaio è stato eletto in Europa “Giorno della Memoria”, un appuntamento con la storia, ma anche un momento di riflessione per non dimenticare la Shoah.
La Sinagoga di Roma, in occasione di questa ricorrenza, ha ospitato una manifestazione dal titolo: “Terror is our common enemy”, a sottolineare l’attualità di un sentimento come la paura, rimbalzato da un continente all’altro dopo la sciagura dell’11 Settembre. La Sinagoga, con la sua intrinseca funzione cultuale e commemorativa, si è imposta quale ambito privilegiato per una partecipazione collettiva al rituale del ricordo, coinvolgendo tutti i cittadini. L’arte, come linguaggio universale, si è fatta veicolo di emozioni, memorie, suggestioni.
All’imbrunire, il coro dell’altare maggiore della sinagoga si è esibito in una performance densa di pathos. Il suono e la materia si sono fusi armoniosamente nel lavoro di Maria Dompè. L’artista ha dispiegato sulla cancellata del Tempio una rete di nylon trasparente che, simile a un velario aereo e impalpabile, invade il percorso di accesso e la gradinata, arrestandosi in prossimità della soglia. La rete sembra alludere alla trama sottile del ricordo, ma anche, alla trappola tentacolare e vischiosa del terrore. Il profumo, che caratterizza da sempre il lavoro di Maria Dompè, coinvolge intimamente la percezione, evocando l’incanto di sensazioni perdute.
Le tremila rose bianche deposte sulla superficie quasi liquida e immateriale del supporto assomigliano a una foresta di anime recise, eppure intatte nel loro candore, nella purezza dei loro steli disadorni. Trascinate dal flusso vorticoso dell’esistenza, sembrano restarne illese; al contrario, il ricordo le salda indissolubilmente al ciclo dell’eterno ritorno. La fibra riflettente del nylon dà origine a un’atmosfera liquida, bagnata, simile a una pioggia purificatrice giunta a lavare le ferite dell’umanità, a spegnere i fuochi dell’odio. Le rose, a loro volta, invitano a sperare in una nuova fioritura dopo il deserto dell’olocausto.
Maria Egizia Fiaschetti

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