1997 Università “La Sapienza”, Museo Laboratorio di Arte Contemporanea, Roma
Materiali: ardesia, sabbia, corda,
essenza di limone, suono
Dimensioni: m 3 x 13 x h 3
Nel difficile spazio dall’andamento curvilineo, retorico e freddo del Museo Laboratorio, Maria Dompè ha imposto all’attenzione la tragica ripresa degli esperimenti nucleari nell’atollo di Mururoa.
Inglobando i due pilastri della sala, ha costruito un ovale di lastre di ardesia che accoglie nel suo perimetro sei metri cubi di sabbia e, a terra, ancora lastre di ardesia ma spezzate e frammentate come dopo uno schianto al suolo; simile a una nave per la forma e per i due pilastri centrali che ricordano gli alberi di una imbarcazione, l’intervento coinvolge lo spazio in tutte le sue dimensioni, con le trentatrè tavolette quadrate di ardesia appese al soffitto per mezzo di corde e destinate ad accogliere le testimonianze dei visitatori. Questi sono completamente immersi in una dimensione interiore, accentuata dal suono di un primigenio “om” diffuso nell’ambiente (e recitato dal vivo per i partecipanti allo happening inaugurale e a quello conclusivo).
Nel bianco assoluto dello spazio museale, il contrasto cromatico fra il giallo della sabbia e il nero dell’ardesia interrotto solo dalla ripetuta incisione “don’t forget Mururoa”, insieme al suono e all’odore dell’essenza di limone, coinvolgono lo spettatore in una fruizione dell’opera che chiama in causa tutti i sensi e creano un momento di riflessione sulla tragedia atomica che si impone come monito a non ripetere i catastrofici errori, opponendo alla morte una corrente di forte energia positiva.
Laura Iamurri